lunedì 13 aprile 2015

Siamo partiti la mattina presto dal Passo di Cento Croci, per poter arrivare in tempo al Passo del Bocco, per poter prendere l'unico autobus giornaliero che ci potesse portare a Chiavari, quindi rientrare in serata a casa. 
Il Passo di Cento Croci è un importante storico valico di collegamento fra la val di Vara e la val Taro, il passo è percorso dalla SP 523, molto bella e poco trafficata. Piacevolissimo il panorama che si apre sulle valli di Varese Ligure e sulle colline d’Oltrevara che digradano verso il mare; facile scorgere placide mucche al pascolo, da sole o in piccoli gruppi, anche vicino alla strada. 


Al passo di Cento Croci inizia la tappa numero 36 dell’Alta Via, una traversata piuttosto lunga (più di 4 ore) ma non eccessivamente faticosa, che, seguendo per lo più lo spartiacque, superando senza problemi dolci montagne erbose che offrono vastissimi panorami, termina a Colla Craiolo (907 m s.l.m.).


La prima parte della tappa è un po' più faticosa, dal Passo di Cento Croci si sale camminando nella stupenda faggeta del versante sud-ovest del monte Zuccone (1423 m s.l.m. la sua cima) con belle vedute sulla Libia di Pecorara e sul susseguirsi di rilievi coperti di boschi. Un cammino riposante, con scarsa pendenza; si avverte la furtiva presenza dei caprioli e s’odono concerti di cinguettii; si guadano esili rii in un ambiente veramente “bucolico”.





La sterrata prosegue in dolce saliscendi nell’uniforme ed elegante faggeta; l’Alta Via imbocca quindi un breve sentiero che conduce a un’altra strada carrabile e sterrata, appena più stretta della precedente, che si avvicina alla gigantesca paleofrana della Libia di Pecorara: una cascata di detriti con pochissimi alberi adulti nel mezzo del grigio minerale. 

Si scende quindi nel bosco di faggi lungo una mulattiera per poi imboccare una sterrata pianeggiante sul crinale che arriva a un trivio: siamo al passo di Pianpintardo (1120 m s.l.m.). Il cammino prosegue per breve tratto sino a prendere una ripida salita nella faggeta che porta all’erboso spartiacque del panoramicissimo - e ventoso, come suggerisce il toponimo - monte Ventarola (1177 m s.l.m.). 
Raggiunta la cima del Ventarola sarà possibile individuare il monte Zatta, il mare, il borgo di Varese, il monte Gottero, diverse cime dell’Appennino Emiliano, i monti Bue, Maggiorasca, Aiona e Penna, scorci delle Alpi piemontesi, il monte Ramaceto e, nelle giornate più limpide, le vette delle Alpi.

Si arriva quindi al Passo Chiapparino (982 m s.l.m.), il toponimo deriva dalla voce dialettale ciappa = lastra di pietra, indicando pertanto un luogo ricco di pietre e rocce. Si ritorna rapidamente sui propri passi per procedere lungo l’Alta Via in direzione ponente, avanzare quasi in piano lungo una sterrata sullo spartiacque, superare una piccola depressione del crinale, prendere a destra a un bivio, attraversare una sterrata che si dirige nella pineta che scende in val Taro, infine salire su una mulattiera fra boschetti e radure, con belle viste sulla val di Vara. 

Si arriva così al Monte Pietrebianche (936 m s.l.m.) dal quale l’ondulato e panoramico crinale prativo prosegue con un sentiero ben battuto, ampio, agevole, intorno al quale crescono cespugli di rose spinose, quindi pini, arbusti, faggetti. Nuovamente ampio e suggestivo appare il panorama su entrambi i versanti, verso le vallate e i monti Zatta, Penna, Gottero.

In questa zona il paesaggio risulta un poco più spoglio, con prati sassosi e cespugli lungo il tratto di crinale detto Costa dei Greci (ecco un altro riferimento ai Bizantini) che conduce al Monte La Crocetta (931 m s.l.m.), in una zona dai panorami ampi. Superato un boschetto rado di castagni si raggiunge il Passo di Casa Cuneo (849 m s.l.m.), oltre il quale si procede lungo una strada ora asfaltata ora sterrata che si lascia alle spalle alcuni piccoli agglomerati (Case Bottin, Case Marchesano). Si procede quindi lungo un tratto di terreno irregolare, lungo lo spartiacque Vara-Taro, immersi in un paesaggio rurale domestico piacevolmente affollato di mucche al pascolo. 

Si arriva così alla Colla Craiolo, nota anche come Colla dei Faggi. Il valico rappresenta il terminale di tappa ed è percorso dalla SP 49 che sale da Varese Ligure per raggiugere il Passo del Bocco, che noi abbiamo percorso per arrivare in tempo per prendere l'unico autobus del pomeriggio per Chiavari, per poi rientrare a casa in treno.

domenica 12 aprile 2015

Motivo dominante della tappa di oggi è l’imponente Monte Gottero (1639 m s.l.m.), cima più alta della provincia della Spezia, tutto coperto da una vasta foresta, tranne la cupola sommitale dove il faggio cede il passo ai prati. Dalla vetta il panorama è vastissimo, circolare: nelle giornate limpide la vista spazia dalla Pianura Padana alla Corsica, dalle Alpi Apuane alle Alpi Marittime. 
Tra i boschi del versante nord, a quota 1500 circa, si trova una conca d’origine glaciale che ospita un bel laghetto. Altri piccolissimi laghetti e acquitrini si trovano poco lontano.


La tappa di oggi, la numero 38, va dal Passo Calzavitello al Passo della Cappelletta. Una tappa abbastanza lunga sulla carta, e anche con un discreto dislivello, vista l'ascesa al Monte Gottero.
Si sale fino alla Foce dei Tre Confini, che un tempo era importante valico per il quale transitava l’antica “Via Regia”, strada di collegamento fra Liguria di Levante, Lunigiana e Parmense che correva lungo lo spartiacque fra Magra e Vara. Il nome della Foce (ovvero del valico) deriva dal fatto che qui si incontravano tre stati: il Regno di Sardegna, il Ducato di Parma e il Granducato di Toscana. 

Oggi più semplicemente s’incontrano tre regioni: Liguria, Emilia Romagna e Toscana; questo è, in particolare, il punto più occidentale della Toscana. Su questo valico sono presenti due antichi cippi di confine - segnati P-G (Parma-Genova) e P-T (Parma-Toscana).


La salita dal Passo Calzavitello alla Foce dei Tre Confini ci ha impegnato per tutta la mattina, una traccia vaga nella faggeta si alternava al sentiero nitido e ben tracciato; di tanto in tanto si attraversava qualche frana di grossi massi dove la più rada presenza di alberi offriva alla vista ampi panorami. Fra i faggi della località Baracca del Turlino si trova una piccola sorgentina di acqua potabile. 

Purtroppo però, arrivati al cippo che delimitava un tempo i Tre Confini (a 1408 m s.l.m.), con il fatto che il sentiero ora passava nella parte nord del monte, abbiamo cominciato a notare la presenza della neve al suolo. Più si continuava ad andare avanti e più essa aumentava, arrivando, in alcuni punti, a sfiorare il metro di altezza. Abbiamo così percorso questo tratto con molta attenzione. La neve ricopriva tutta la faggeta del versante settentrionale del massiccio del Gottero. 

L’area Monte Gottero-Passo del Lupo è riconosciuta per via della sua biodiversità Sito di Importanza Comunitaria (SIC): 1130 ettari intorno ai 1640 metri di altezza della massima cima dell’estrema Liguria di Levante. Le sue grandi faggete e i pascoli sommitali dove fioriscono le orchidee ricoprono un substrato formato preva lentemente dalle “Arenarie del Gottero”, una roccia sedimentaria dura, brillante e a suo modo elegante. Circa 500 ettari di bosco misto e ceduo di faggio avviato ad alto fusto sono tutelati dalla Foresta Demaniale Regionale del Gottero; le belle faggete del sito ricordano quelle che, dal Medioevo all’Età Moderna, hanno fornito il legname per i cantieri navali della Repubblica di Genova. 
La vegetazione unisce specie euro-mediterranee e alpino-appenniniche, mentre fra le principali specie animali della zona si annoverano l’aquila e il lupo, entrambe ai vertici della catena alimentare.
Talvolta stando attenti a non scivolare sulla neve ghiacciata, talvolta stando attenti a non sprofondare sulla neve molle ... siamo arrivati al Passo del Lupo (1165 m s.l.m.). 

Da qui un sentiero che scende sul crinale erboso con radi alberi. Si raggiunge una croce commemorativa di un pilota d’aereo caduto; da questo punto si gode una vasta e bella vista sull’alta val di Vara, la val Taro, una centrale eolica, le cime montuose lontane. 


Così abbiamo raggiunto il finale di tappa, il Passo della Cappelletta (1085 m s.l.m.),che appare davvero minuscola e timida ai piedi di giganti roteanti mulini a vento. Come è usuale per i piccoli edifici devozionali, la cappella è divisa in due ambienti: quello interno con l’altarino e quello anteriore, diciamo “laico”, con alcune sedie, per offrire riposo e riparo dalle intemperie agli escursionisti di passaggio. 

Da questo punto, parte anche la tappa successiva, la numero 37, fino al Passo Cento Croci, una tappa di trasferimento breve, per buona parte su strada asfaltata.
Il Passo di Cento Croci è un antico ed importante passaggio fra la Val di Vara e la Val di Taro, in bella posizione con pendii erbosi, praterie e ampi panorami. 

Si racconta che, un tempo, il valico fosse infestato dai briganti che, vestiti da frati, derubavano ed uccidevano i viandanti. Il nome Cento Croci sarebbe derivato proprio dalle numerose croci poste sul passo a ricordo dei viandanti uccisi. 
Arrivati al Passo Cento Croci ci siamo fermati per cena e notte al Ranch Camillo.


sabato 11 aprile 2015

Altri tre giorni di Alta Via, riprendendo da dove avevamo lasciato la volta scorsa (Sella delle Quattro Strade). Siamo saliti da Pieve di Zignago (632 m s.l.m.), con il sentiero di raccordo che parte dal paese di Pieve di Zignago fino alla Foce di Croce (o Sella delle Quattro Strade) sullo spartiacque tra Vara e Magra, dove passa l'Alta Via dei Monti Liguri. 

La salita si sviluppa lungo le pendici del monte Dragnone, completamente coperta da una folta pineta, fino alla cima dove sorge un santuario ottocentesco. Il sentiero, contraddistinto dal classico segnavia bianco-rosso del CAI, si addentra in un folto bosco misto. 


A un certo punto ci si imbatte su una grande formazione rocciosa isolata, nella quale la forma e la deformazione degli strati ricordano vagamente il calco di uno zoccolo e che la tradizione popolare ha ribattezzato col nome di Zampa du Diavu. 

La leggenda vuole che in un passato felice gli abitanti dello Zignago e le anime dei beati si ritrovassero per ballare assieme sulla cima del monte. Il diavolo, indispettito da questo connubio, colpì la montagna causando un’enorme frana che dette origine al vicino borgo di Sasseta. L’intervento del Maligno sarebbe riscontrabile proprio sulla Zampa du Diavu, sulla cui superficie sarebbe rimasta impressa l’impronta della sua terribile zampata.

Dopo pochi passi la sterrata comincia a salire, prima dolcemente, poi in maniera più decisa, lungo il contrafforte sud-ovest del monte Dragnone. Ai lati ci accompagna una vegetazione arbustiva ricca di piante, mentre, laddove la vegetazione lo consente, la vista spazia sulle sottostanti valli dello Zignago, caratterizzati da ampie aree destinate al pascolo. Ben presto il bosco misto lascia spazio alla pineta che avvolge quasi completamente il monte Dragnone fino alla vetta. 

Il sentiero si inerpica tra due monti, da una parte l'imponente Monte Dragnone e dall'altra il roccioso Monte Castellaro, per poi proseguire tra boschetti, rocce e pascoli, lungo l'antica strada che da Levanto portava a Pontremoli.  


Dopo circa 2 ore di cammino siamo arrivati sull'Alta Via, esattamente a meta' della Tappa numero 40, da Valico dei Casoni al Passo del Rastello. Dopo 5 Km circa di strade sterrate con dolci saliscendi, tra i pascoli dell’ampia dorsale tra la Val di Vara e la Val Magra si arriva al finale di tappa.
Il Passo del Rastello (o Rastrello), è posto sull’antico confine tra la Repubblica di Genova e il Granducato di Toscana. Sembra che il toponimo sia derivato da sbarramenti installati sul valico per impedire il passaggio del sale toscano, che entrava in concorrenza con quello ligure sui mercati padani.

La tappa successiva, la numero 39, dal Passo del Rastello fino a Passo Calzavitello, e' una tappa breve ma varia e interessante. Camminando per sentieri, prati e boschi si scavalcano due cime: il boscoso Monte Antessio (1161 m s.l.m.) e il panoramico Monte Cissò (996 m s.l.m.).

Dal Passo Rastello si sale per tracce poco nitide e un po’ ripide, ai margini di una pineta-abetaia fitta e scura, procedendo lungo la recinzione dei pascoli arrivando alla pineta della cresta del Monte Antessio boscoso di faggi e di pini. 



Scendendo un pendio franoso fra radi alberi, splendidi cespugli di erica e magnifiche, piccole greggi di pecore zerasche si arriva ad una sella (Aia del Marchese, 1110 m s.l.m.). La strada conduce al confine con la Toscana, e si lascia la Liguria presso un antico cippo di  confine.


Dalla cima del monte un sentiero sconnesso sul costone scende a una carrareccia che porta alla “bucolica” Sella Frandalini (906 m s.l.m.), fra prati fioriti, cavalli al pascolo, siepi di biancospini; alla Sella si incontra una strada nel primo tratto asfaltata, quindi sterrata, da seguire verso sud fra pascoli e boschetti. 

Ancora una salita, ecco il Monte Cissò, che pur non essendo particolarmente elevato, offre una bellissima vista: verso nord-ovest sull’imponente Monte Gottero, e verso est sulla valle di Zeri punteggiata di case e villaggi.

Arrivati a Passo Calzavitello, noto anche come Foce di Adelano, si incontra e si attraversa una delle strade che, dalla val di Vara attraverso il comune di Sesta Godano, conducono al comune di Zeri nell’alta Lunigiana. 




Proprio a Zeri, nel borgo di Noce, c'è il Mulino Marghen, un'antico casale immerso nei castagneti che un tempo fornivano la materia prima alle macine in pietra del mulino. Abbiamo quindi lasciato l'Alta Via per raggiungere, in circa un'oretta, su e giù tra le dolci colline della Lunigiana, il mulinoove, dopo una bella ma faticosa giornata di trekking, abbiamo cenato e pernottato.